A circa un chilometro dalla città, in contrada Fontana, v'era una sorgente naturale. La stessa acqua veniva portata a pressione al piccolo serbatoio, sistemato tra le mura del castello medioevale, prima di essere erogata alle poche e benestanti famiglie, collegate all'acquedotto comunale.

                                        Il progetto, opera dell'ing. Coscia, prevedeva, all'atto della realizzazione, "la conduttura delle acque potabili esistenti sul declivio del colle fino al serbatoio del castello, mercé l'impianto di un elevatore ad energia elettrica (una pompa centrifuga ad alta pressione)..... La distribuzione in città verrebbe fatta mediante una conduttura che si dirama dal serbatoio fino ad alimentare dodici fontanine situate nei vari punti" più accessibili di Nusco (P.Capobianco, Il Vigile, 28 agosto 1911).

                                        Sul progetto adottato, l'on. Francesco Tedesco, allievo negli studi primari del seminario di Nusco, mediò con tutta la sua autorità la concessione del mutuo dalla Cassa DD.PP.

                                        Il motore fu installato nel 1913, ma la fontana grande, per la frequente siccità e talora anche d'inverno per gli immancabili guasti alla pompa, conservava la sua funzione soprattutto per soddisfare le esigenze del popolo. I signori del luogo potevano attingere, invece, dalle cisterne, site nei propri palazzi.

                                         La parte anteriore della fontana serviva per l'approvvigionamento idrico, ad uso potabile.  La parte posteriore era riservata al bucato. Qui le donne povere lavavano ed asciugavano i panni dei ricchi, in cambio di pochi alimenti. Molte volte esplodevano vecchie ruggini e rancori. L'acqua veniva intorbidita di proposito e le donne si accapigliavano, rinfacciandosi vizi e nei di famiglia, in liti furibonde.

                                        Sulla strada selciata, che collegata a gradoni la fontana alla città, spesso si contavano le soste per prendere fiato e qualche volta i cocci, stante l'asperità della salita che faceva perdere un equilibrio, già di per se alquanto instabile.