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L'Abbazia di S. Guglielmo al Goleto è certamente uno dei più
importanti
complessi religiosi monumentali del Mezzogiorno d'Italia.
Venne fondata nel 1133 da San Guglielmo da Vercelli che ivi morì nel
1142.
In origine era un monastero sdoppiato di due romitaggi maschile
e femmi-
nile con netta prevalenza di quest'ultimo elemento.
In periodo normanno-svevo l'Abbazia conobbe il suo periodo di massimo
prestigio. Il monastero femminile venne soppresso nel 1505, mentre il
Goleto subì le leggi napoleoniche sulla soppressione dei monasteri
nel 1807. Per tutto l'ottocento ed il novecento andò in progressiva
rovina e soltanto a partire dal 1973, grazie alle sollecitudini di
padre
Lucio De Martino, iniziò l'opera di restauro. Dal 1989 si è
insediata
la comunità Jesus Caritas. Il complesso è suddiviso in tre chiese:
la chiesa inferiore (1200), la superiore (1255) e la chiesa grande o
maggiore (eretta tra il 1735 ed il 1745 da Domenico Antonio Vaccaro),
oggi priva della copertura. Già da lontano spiccano le mura
dell'Abbazia
superate le quali si entra nel corpo di fabbrica attraverso due porte
a
sesto acuto.
Nonostante l'usura del tempo, il vandalismo degli uomini ed il
susseguirsi
dei terremoti, ancora oggi si possono ammirare alcuni dei tesori
artistici
che resero famoso il Goleto.
La torre Febronia prende il nome dall'Abbadessa che nel 1152 ne
dispose
la costruzione per la difesa del monastero.
Vero capolavoro di arte romanica, presenta incastonati numerosi
blocchi
con bassorilievi provenienti da un mausoleo romano dedicato a M.
Paccio
Marcello.
La torre era a due piani e al secondo si accedeva tramite un ponte
leva-.
toio. Nella parte superiore si conservano alcune sculture simboliche,
ca-
ratteristiche dell'arte romanica.
Nella cappella funeraria o chiesa inferiore, oggi al centro del
complesso
monastico si conservano le due piccole chiese sovrapposte, che stanno
a
segnare il passaggio tra l'arte romanica (chiesa inferiore, 1200
circa) e
quella gotica (chiesa superiore, terminata nel 1255).
La chiesa inferiore nacque come cappella funeraria. Presenta una
pianta
a due navate, separate da due colonne monilitiche che terminano con
capitelli bassi dai quali partono gli archi che sorreggono la crociera
e rag-
giungono le semicolonne emergenti dalle pareti laterali. E' netto il
richiamo
al gusto romanico-pugliese, che doveva essere accentuato dalle absidi
oggi scomparse. All'interno si conserva un'arca sepolcrale finemente
intagliata su pietra rossa.
Da una porta laterale in pietra ben lavorata, si raggiungono i resti
della
antica basilica del Salvatore.
La cappella di san Luca o chiesa superiore è il gioiello
dell'abbazia.
Si raggiunge da una scala esterna il cui parapetto termina con un
corri-
mano a forma di serpente con un pomo in bocca.
Il portale di accesso è sormontato da un arco a sesto acuto e da un
piccolo rosone a sei luci. Sul fronte dell'arco alcune scritte che
ricordano
che la chiesa fu fatta costruire da Marina II per accogliere le
spoglie di
S. Luca.
L'interno è costituito da una sala piccola a due navate coperte da
crociere
ogivali, che poggiano su due colonne centrali e su dieci mezze colonne
immerse nei muri perimetrali. Le basi ottagonali delle colonne e i
capitelli
decorati di foglie ricurve, su due ordini asimmetrici,
richiamano-secondo
molti studiosi-la residenza fatta costruire da Federico II a Castel
del Monte,
in Puglia.
All'esterno completano la struttura due picole absidi sorrette da
mensole
e, tutt'intorno alle pareti, barbacani con teste di animali o motivi
ornamentali.
Dei numerosi affreschi cinquecenteschi che arricchivano la chiesa non
resta-
no che due medaglioni raffiguranti le abbadesse Scolastica e Marina
e qualche episodio della vita di san Guglielmo.
Pregevoli gli altari, soprattutto quelli costituiti da una lastra di
marmo
sostenuta da quattro colonnine munite di eleganti capitelli e di
basamenti
tutti diversi tra loro.
La pluralità ben amalgamata di forme artistiche diverse,
l'architettura
gotico-pugliese, le forme cistercensi, la scultura irpino-sannitica,
fanno
della cappella di san Luca uno dei monumenti più preziosi dell'Italia
Meridionale.
La chiesa grande o del Vaccaro, prende il nome dal grande architetto
na-
poletano Domenico Antonio Vaccaro, che la edificò tra il 1735 e il
1745.
Pur priva, oggi, della copertura e di altri parti importanti, conserva
tuttavia
un fascino incredibile.
La pianta è a croce greca, sormontata-in origine- da una cupola
centrale.
All'interno si sono salvati solo alcuni stucchi, mentre si può
ammirare in
tutta la sua bellezza il disegno del pavimento, recentemente
restaurato.
Oltre ai blocchi con bassorilievi incorporati alla Torre Febronia, al
Goleto si
possono ammirare altre altre pietre scolpite.
Pregevoli le figure di animali e le decorazioni del rtale principale
(sec. XII),
anche se alcune sono molto rovinate.
Due figure romane ornano le facce visibili di un grosso blocco di
pietra,
oggi inserito nel muro che fa angolo con il recinto del giardino.
Altra bella scultura, che si fa risalire al periodo augusteo, è posta
sul
campanile, a fianco dell'ingresso alla chiesa inferiore. Si tratta di
un'opera
funeraria e questo spiega la sua attuale ubicazione.
Infine, merita di essere segnalato il sarcofago policromo che nel
Sei-Sette-
cento custodì il corpo di san Guglielmo.
Il Goleto, sorto in territorio di Nusco, presso
l'Ofanto, avuto in donazione da Ruggero Sanseverino, signore di Monticchio, è un
esempio di monastero doppio (per maschi e per femmine) non del tutto insolito a
quei tempi. Duro era il tenore di vita dei religiosi e delle religiose, che
stimavano illecito mangiare carne, formaggio e uova; il loro vitto consisteva in
solo pane, pomi ed erbe crude in tre giorni della settimana, negli altri in pane
e una sola vivanda condita con olio.
Agnese, la prima badessa del monastero di San
Salvatore, depose il corpo di Guglielmo da Vercelli in un sarcofago forse
appartenente a un antico sepolcro romano. Il nuovo sepolcro "opus eximium" è
opera pregevole del maestro Orso.
Nella comunità delle vergini presero il velo fanciulle
della grande nobiltà appartenenti alle famiglie del Regno: Orsini, Gesualdo,
Filangieri, Sanseverino, Brancaleone, Caracciolo, Carafa, Correale, Monforte,
Santacroce.
La badessa Marina fece costruire nel 1247 una bellissima cappella; la
badessa ottenne la conferma dei beni donati da Ruggero Sanseverino con
l'aggoiunta del diritto al pascolo, far legna e cavare le pietre da tutto il
territorio di Monticchio dietro compenso di 1800 ducati.
Vincenzo Napolillo
Annotazioni di Vincenzo Napolillo su
"Fondazione del Monastero del Goleto "