"Fede e folclore sono i momenti salienti della cultura nuscana.
La via processuale, con itinerario sempre uguale, conferma le scelte elettive che percorrono l'intera città.
Nelle processioni non c'erano né finzioni né scelte di ruoli. Ognuno a modo suo si sentiva partecipe del grande evento. Gli uomini preparavano il programma e la questua per reperire i fondi. Chi provvedeva alla raccolta, in anni in cui l'economia dipendeva dal prodotto agrario ed artigianale, doveva recarsi in campagna; entrando nei poderi, durante il periodo della mietitura, soleva infilare in una pertica l'offerta dei covoni. Quando il collettore raggiungeva un certo numero di fasci e il peso diventava eccessivo, depositava il tutto in un luogo di fiducia. Al trasporto si provvedeva poi con apposite sporte "fesciune", caricate sugli asini. La destinazione era l'aia della casina di don Daniele, preposta a centro di raccolta.
Il ruolo femminile, invece, era più processionale; le donne sfilavano calze al canto delle litanie, reggendo grossi ceri colorati, talora ricchi di piume, motivo distintivo per chi quell'anno era andato in pellegrinaggio a S. Michele sul Gargano. I ceri venivano conservati in grosse casse nel "tesoro vecchio" e noleggiati per l'occasione. Ma c'era chi, come li Guardianielli, aveva cera propria e che, pur avendola donata alla Chiesa, conservava il diritto di portarla in processione.
La tradizione persiste in modo esiguo ed è ormai prossima a soccombere.
Tra le prime stazioni e soste c'è via Landone, già Selice, cara ai Nuscani perché qui la tradizione vuole che sia nato S.Amato.
La devozione manifestata alla Madonna del Carmelo si conferma con gente genuflessa ed umile. Le attenzioni sono rivolte alla "Patrona di Nusco", per una festa che il calendario assegna al 16 luglio ma che nella nostra città viene celebrata in agosto, scelta epocale dovuta alla riscossione degli oboli, soprattutto grano, stante la raccolta tardiva, dovuta all'abitudine del luogo ed alla rigidità del clima che fa maturare i frutti in stagione avanzata.
La processione del Carmine.....mostra...grande partecipazione popolare ed il convinto spirito di fede, tant'è che, frequentemente, nelle famiglie venivano portati al colo gli "abitini". Che la devozione alla Madonna avesse una sua storia consolidata e potesse contare su donazioni e lasciti ne è dimostrazione quanto si legge si "Il Mattino" del 2 agosto 1958: "Esiste tuttora un piccolo appezzamento di terreno, in vicinanza del centro abitato, detto per antonomasia "Orto del Carmine" perché evidentemente lasciato da un devoto".
Come dire c'è bisogno di continuità anche in momenti difficili. E quando lo spreco è stato incomprensibile rispetto a situazioni di congiuntura, stendardi, festoni, e archi sfarzosi di luminarie, oltre le pratiche di pietà, non hanno tradito il gusto e il significato della ricorrenza.
E se le luci divennero successivamente un fatto abituale, il ricordo non vuole neppure dimenticare quegli aspetti minimi ma simbolici della nostra cultura. Se i ceri costituivano l'elemento di massa, "li muzzetti" (misure di grano) erano quello di spicco.
Coccarde, nastri, carte colorate coprivano le assi di legno, secondo la fantasia del portatore; e, pur conservando lo stesso nome, v'era una variabile, costituita da un'impalcatura di ceri intrecciati che davano delle torri inghirlandate con figure del santo a cui venivano attaccate con spilli le offerte in denaro...."