Una storia segnata in partenza

 

                                        E' una storia che ebbe inizio a Nusco negli anni cinquanta. A quattordici anni lei era già attraente e ne mostrava anche qualcuno in più. Aveva i lineamenti del volto ben disegnati, gli zigomi alti e sporgenti, gli occhi scuri e profondi, il sorriso aperto e schietto, i capelli lunghissimi, il corpo sinuoso e tondeggiante, com'era di moda in quei tempi.

                                        La sua famiglia vivacchiava alla meno peggio; lei si arrangiava come donna di servizio presso i "signori" di Nusco o si prestava a far da lavandaia alla "fontana grande", lavatoio pubblico.

                                        Era una ragazzina vivace, sempre indaffarata, capace di attirare l'attenzione di tutti. Vista la facilità con cui era possibile avvicinarla, i maschi le misero gli occhi addosso: giovani e vecchi, miserabili e "signorotti", perbenisti e furfanti. Non appena capitava a tiro, le affibbiavano un bel pizzicotto che voleva dire tante cose...

                                        La sua "sorte" apparve subito decisa. All'orizzonte non si scorgeva uno spiraglio, un barlume di speranza che le consentisse di affrancarsi da quel circolo vizioso. Presto iniziò la sua serie di "avventure".

                                        Il primo fu un vicino di casa, un uomo maturo, deciso ad andare fino in fondo. La braccava continuamente. Le si sedeva a fianco sulle scale e, accarezzandola, la teneva inchiodata lì per un'ora,  due e anche di più.

                                        Il giorno dopo entrava in azione un tipo giovane, sulla trentina, magro, viso affossato, uno che solo a vederlo faceva venire il voltastomaco. La seguiva con passo furtivo per la campagna: le Serre, il Piano, la contrada Leone... Non le dava tregua; piano piano riusciva a trascinarla dietro una siepe...

                                        Di sera c'era il rito della televisione. Un apparecchio TV era stato installato in una stanzetta della piazza centrale; potevano accedere tutti. In quella bolgia le si avventavano addosso in tanti e ognuno ricavava la sua "parte". In tre o quattro anni, si può ben dire che diede "soddisfazione" a moltissimi maschi del paese: belli, brutti, storpi, sani, alti, piccoli, magri, grassi.

                                        Cominciò, però, a rendersi conto che non poteva andare avanti così. Era colpa sua oppure di chi la inseguiva? Valeva la pena continuare una vita simile? Perché le altre donne non erano trattate alla stessa maniera? Interrogativi che ormai si poneva e che le rendevano l'esistenza, via via, più aspra.

                                        Aveva diciotto anni quando, una mattina presto, prese la valigia e spari da Nusco: Nessuno la vide; fuggi come una ladra qualsiasi.

                                        In un luogo lontano, tra sconosciuti, cercò disperatamente di riprendere a vivere. Anche lì gli uomini chiedevano sempre la stessa, identica cosa. Solo che erano meno rozzi, meno bruschi, le facevano lauti regali: soldi, scarpe, gioielli, pellicce.

                                        Ora li gestiva lei gli uomini, faceva valere l'esperienza acquisita. Imparò subito che tutti, indistintamente tutti, desideravano scoprire il suo corpo e non l'amore, la passione e tutto ciò che lei aveva dentro e che non aveva potuto esprimere. Mai nessuno le aveva sussurrato una parolina dolce.

                                        Una storia segnata in partenza. Lei che aveva sempre fantasticato un'esistenza dorata, dignitosa, da diva del cinema, si era dovuta adeguare ad una realtà deprimente.

                                        Non un rimpianto, non un cedimento alla malinconia. Solo una sorda e caparbia ostilità verso il suo paese natale che non volle più rivedere.

Varese, agosto 2000

 

   Angelo Pepe

da IL NUOVO SUD  Anno XX n.5 (84) Ottobre - Novembre 2000