Teatro stabile di vico Seminario
Non erano gran che le nostre recite. Nel locale del vecchio forno in vicolo
Seminario si tentava di mettere in scena delle "commedie" che si
trasformavano quasi sempre in farsa, per le difficoltà oggettive di spazio e di
organizzazione. Era stata una mia idea, facevo da regista e da organizzatore.
L'impegno non mancava di certo. Avevo assistito ad una rappresentazione di una
compagnia napoletana nella sala del palazzo vescovile. Rimasi colpito e decisi
di "creare" a Nusco un "teatro stabile". Impresa
difficilissima. Ma quando c'è la volontà... Primo "lavoro": il
"Gigante Egoista"; una decina di spettatori; discreto il successo. Gli
attori erano tutti miei amici o compagni di scuola, il loro impegno encomiabile.
In seguito ci avventurammo in tragedie, drammi, fino a tentare "La Vita di
Gesù", "Ulisse", "Giulio Cesare". Si finiva per
interrompere "la piece" perché troppo lunga. Si chiedeva scusa agli
spettatori. Tra i quali, uno era molto esigente, mi pare fosse Gennaro. Si
permetteva di dare suggerimenti anche a spettacolo iniziato, con risultati
discreti. Quando si dice la partecipazione...
Non fu un'idea malvagia, per un paio d'anni andò avanti il tentativo coraggioso
di fare qualcosa di nuovo. Troppa approssimazione, pochi mezzi. Si esaurì per
inerzia, penuria di proposte, stanchezza degli attori; ma i miei compagni
ricorderanno con simpatia le domeniche trascorse in vicolo Seminario, tra il
profumo intenso del pane appena cotto in quel forno dai mattoni rossi. Che dire.
Tra i "miei" attori qualcuno era davvero interessante, in grado di
competere con gli artisti veri, si calava nella parte in modo esemplare. Mancava
un tocco d'ironia in più, una vis comica più pronunciata; ma fu una mia
mancanza, non fu colpa degli attori. Credevo che l'azione drammatica fosse più
indicata per il nostro pubblico, avesse un impatto più forte. "1l teatro
è una cosa seria, qui non si scherza!" - ripetevo spesso. Chissà! Avremmo
potuto ottenere qualche riconoscimento...
In una "memorabile" scena ci fu l'applauso più convinto e caloroso di
tutte le nostre rappresentazioni. Mario e Antonio, due fratelli
decisi a far bella figura, si travestirono da diavoletti, come prevedeva il
copione. Si catapultarono sul "palcoscenico" da un'altezza di due
metri, sorprendendo il pubblico, che vedendoli neri come un tizzone e davvero
rassomiglianti a due demoni, scoppiò in una fragorosa risata. Tennero la scena
per diversi minuti. Il regista li sollecitò a continuare. I due dovevano
gridare: "No, non nascerà il Messia"; ma non riuscivano,
nell'emozione della loro prima esperienza "teatrale". Vista la
difficoltà, furono immediatamente "doppiati" dagli altri
"attori" che stavano dietro le quinte.
Il pubblico, pur accorgendosi del trucco, continuò a delirare, apprezzando la
loro mimica e le loro facce. Alla fine furono osannati. Fu una sconfitta per noi
fautori del teatro "vero" e "pedagogico". Da quel momento,
forse, cominciò il nostro declino...
Varese,
Aprile 1997
Angelo Pepe
da IL NUOVO SUD Anno XVII nn. 2/3 (71) Marzo - Giugno 1997