Per amore d'Archina
Era Pierino un bighellone senza né arte né parte. Aveva combinato ben poco,
almeno fino allora, pur avendo superato abbondantemente i vent'anni. A Nusco il
suo destino pareva già segnato. Passava per uno che non "aveva la testa
sulle spalle".
- " Perché sei tutto il santo giorno a far niente? in giro a zonzo,
sfaccendato che non sei altro. Sei capace solo di infastidire gli anziani. Metti
la testa a posto, prima che sia troppo tardi! "- gli rimproveravano. -
`Impicciatevi degli affari vostri" - ribatteva lesto; e via di corsa, non
si capiva se per paura o per vergogna.
Gli contestavano tutti le stesse cose, ad eccezione di qualche persona più
comprensiva. In apparenza non mostrava di prendersela più di tanto, sotto sotto
però ne soffriva. Più di una volta aveva reagito: "Avrete pure ragione di
parlar male di me, lo ammetto. A nessuno di voi però viene in mente che io non
ho mai avuto un consiglio, un aiuto morale. E la mancanza di una madre? Non
conta niente? Mi sembra mille anni... Un giorno o l'altro mi tolgo dai piedi e
levo il disturbo!"
Da Vigevano era giunto a Nusco Fortunato, una capatina per salutare la nonna. Al
Nord aveva messo su famiglia. Pierino, da vecchio amico lo avvicinò:
- "È vero che ti sei sposato? Auguri, auguri! Vedo che stai bene, molto
meglio di quando sei partito!- "Sai, in due si sta meglio, è un'altra
vita. Mi sono deciso quando ho notato che, da solo, sperperavo tutto, non
riuscivo a mettere una lira da parte. Certo bisogna aver un pizzico di fortuna,
incontrare la ragazza giusta, una disposta a condividere i sacrifici. Gente come
noi può offrire solamente le braccia per lavorare. È sempre difficile
incontrare una persona semplice, modesta, difficile, non impossibile, come vedi.
Basta avere volontà e costanza".
Parole giuste, da prendere in grande considerazione. A Pierino suonarono come un
monito. Fortunato aveva saputo afferrare il momento giusto e sembrava avviato
verso una vita diversa. Mentre lui s'era impantanato in una situazione balorda,
senza una via di uscita. Gli mancava la forza per prendere una decisione, per
fare il gesto finale. Avrebbe voluto lasciare Nusco di notte, per non farsi più
vedere, togliersi di dosso quella brutta fama. Sarebbe stata l'unica soluzione,
quella vera. Non ne aveva il coraggio; da solo, così, senza un appiglio, non se
la sentiva. Per lui Nusco era tutto, la fanciullezza, le gioie, i giochi, i
primi giorni di scuola, i ricordi più belli. I giorni, i mesi, gli anni
trascorsi per strada, nell'abbandono, senza limiti di tempo. Intuiva Pierino,
pur nella sua grettezza, che la libertà di cui poteva disporre a Nusco era
immensa, e che nessun altro luogo al mondo gliene avrebbe restituita tanta. Di
quel luogo si sentiva padrone, era la sua vita, glielo dettava il cuore. Il
sole, l'aria, la campagna, i boschi, tutto gli apparteneva. Peccato che ora
s'era venuto a creare questa frattura tra lui e la gente di Nusco, una frattura
insanabile, che gli rendeva impossibile l'esistenza. Si sentiva prigioniero di
qualcosa più grande di lui.
- "È mai possibile che, quando decidono che sei un poco di buono, magari
facendo conto su qualche disavventura familiare, sei condannato definitivamente,
emarginato?" - riusciva finanche a riflettere, quando la solitudine lo
sorprendeva.
Quell'inverno ebbe modo di distinguersi per generosità e altruismo. C'era stata
una grande nevicata. La "borea" fischiava impetuosa e accumulava neve
fino ad ostruire le strettoie. Per giorni lavorò intensamente aprendo varchi
davanti agli ingressi delle case. Guadagnò qualcosa ed ottenne riconoscimenti.
Una piccola soddisfazione. Filomena, un'arzilla vecchietta, sempre pronta alla
battuta, andò più in là: "Se continui così troverai l'anima gemella, ci
sarà pure una ragazza che saprà apprezzarti... A te serve una brava figliuola,
e saresti l'uomo più buono del mondo. È quella la medicina giusta. "
Venne la primavera. Si presentò l'occasione di un lavoro stagionale, un
"cantiere" per allargare la strada della "Fontana
dell'Angelo". Una buona compagnia, gente allegra che, mentre lavorava,
trovava anche il tempo di inventare barzellette e storie "piccanti".
Pierino fu abile a ritagliarsi un ruolo diverso da quello che avevano gli altri:
"Ragazzi, io aiuto il capo cantiere, vi rifornisco di acqua, e sono a
disposizione per i piccoli servizi, quando vi serve qualcosa, sono qua. "
Tutti si meravigliarono: "Pierino sta migliorando, non avrà per caso
qualche idea per la testa? ...... Poi, riprese la vita di sempre. Niente da
fare, a Nusco non c'era verso di cambiare le cose. Allacciare un rapporto vero
con una ragazza: un'impresa ardua. Un bel giovanotto lo era, ma le remore su di
lui davvero troppe. Più in là, si aprì un tenue spiraglio, cosi per caso,
quasi d'incanto. Una domenica, era d'ottobre, si aggirava per la piazza di
mattino presto. Sul suo volto si intravedeva la contentezza. Lo avvicinò
Antonio, un uomo che di storie di amore se ne intendeva.
- "Ti ho visto, l'altro giorno, parlottare con una giovincella di campagna;
non ti sei mica svegliato presto perché non ce la facevi più a stare nel
letto, pensando che la domenica lei viene in paese?
- Io... io sono qui per ascoltare le storie dei vecchi, ce n'è tanti intorno a
S. Amato".
- "E va bene. l'occasione è buona non fartela scappare ".
L'aria era frizzante, ma si preparava una giornata piena di sole, una di quelle
giornate d'ottobre che solo Nusco sa offrire, luminosa e asciutta, con un
tramonto bellissimo. Per scaricare la tensione Pierino fece un giro attorno a
Nusco. Di sicuro in quei momenti, non ebbe né il tempo né la voglia di
lanciare uno sguardo alle valli appena brulle, ai vigneti carichi d'uva, ai
tanti colori di cui la natura si era adornata. Gli passava altro per la testa,
immerso com'era in un mare di contrastanti pensieri. La piazza si era riempita
di contadini vestiti a festa, intenti a discutere tra loro.
- "Eccola, eccola!" sospirò Pierino, tutto emozionato. Archina era
una bella fanciulla, un viso dolce, le guance arrossate. Una contadinella dai
gesti garbati, sempre sorridente. Passeggiarono a lungo. Si vedeva che era una
bella coppia.
Passarono un paio di mesi e Pierino era diventato taciturno, serio, quasi
inavvicinabile. Un pomeriggio sul tardi, d'accordo con Archina, si recò dai
parenti di lei per far sapere finalmente le sue intenzioni. Si avviò deciso per
la discesa di Porta Mulino, in poco tempo fu alla Portella. Una piccola
masseria, gente semplice, educata. Gli fu fatto subito notare che per crearsi
una famiglia ci voleva un lavoro fisso, e che le voci raccolte sul suo conto non
erano delle piú edificanti. Se ne sarebbe parlato semmai molto più in là. In
realtà era una maniera come un'altra per vedere se Pierino, con il tempo,
sarebbe cambiato oppure no, magari spinto dal desiderio di non lasciarsi
scappare Archina.
Egli ebbe coraggio, una dote che fino a quel momento nessuno gli aveva
riconosciuto. "Ma io e Archina ci vogliamo bene, chiedetelo anche a lei, e
quello è
importante. Le dicerie lasciano il tempo che trovano, c'è gente colma d'invidia
che è fatta apposta per creare scompiglio. Se si facessero gli affari loro...
Il lavoro... ? Ma io sono disposto ad andare in capo al mondo, Francia,
Svizzera, Belgio... Non ho paura di affrontare i sacrifici. Lo conoscete
Fortunato di zia Albina, anche lui ha trovato lavoro al Nord e si è sistemato
in poco tempo. Quando c'è la volontà e la decisione si può tutto—.
Archina lo guardava e le venivano le lacrime agli occhi, sorpresa anche lei di
tanto ardore e di tanta sicurezza. Era stato davvero bravo, fino a destare il
sentimento che sapeva di tenerezza.
Non passò ancora molto e i due si sposarono. Fu così che Pierino scomparve da Nusco. Né la nostalgia dei primi tempi lo indusse a ripensamenti. In paese fu visto un paio di volte, a distanza di anni. Apparizioni fugaci, solo qualche saluto. Il tempo, inesorabile, aveva cancellato le tracce del passato. Strano e mutevole il destino degli uomini.
Varese, settembre 1994
Angelo Pepe
da IL NUOVO SUD Anno XVI n.1 (66) Gennaio/Febbraio 1996