Salvo Parisio Perrotti
Nacque a Benevento il 19 maggio 1881.Marchese,
capitano di vascello.
In data 11 ottobre 1943 fu delegato dall' Allied Gouvernement Military a
ricoprire, in Nusco, le funzioni podestarili.
Conservò amichevoli e duraturi rapporti con l'ambiente nuscano.
Morì a Napoli il 6 agosto 1963.
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Salvo Parisio Perrotti apparteneva a quella ininterrotta catena di gentiluomini
napoletani che, dalla fine del Seicento ad oggi, furono ornamento della cultura.
Spiriti multiformi si misurarono con maestri in molte discipline: dalle arti
plastiche a quelle meccaniche, dalle matematiche alla filosofia. Da un Tiberio
Carafa a Raimondo De Sangre, a Gaetano Filangieri, a Salvatore Pignatelli; e,
scendendo ai nostri tempi, fino ad Antonio Carafa e Salvo Parisio Perrotti.
Uomo di molteplici interessi, fu ufficiale di marina ed insegnava le
matematiche; cultore di scienze naturali, ideava e costruiva orologi; suonava
vari strumenti. In tale varietà di attitudini si rivelò anche elegante
acquarellista. Un puro dilettante, nell'autentica accezione del termine, di chi
si esercita in un'arte solo per amore, lungi da ogni voce di consenso o di
contrarietà.
Lasciata la marina Salvo Parisio Perrotti ha passato molte lunghe estati con la
sua famiglia a Nusco dove ha dato buona parte del suo tempo alla pittura.
Osserviamo questi acquerelli così leggeri, ricchi di trasparenti valori tonali
donanti vita a selvosi scorci irpini, ora a una piazza di Napoli o Venezia, ora
a una strada di Glasgow, Londra, Sorrento o ad una marina di Oslo o Malaga.
Con amore del particolare senza pedanteria supera l'espressione agevole del
paesaggio giungendo ad una sua interiore scoperta. Che non è frutto, grazie a
Dio, di elucubrazione ideologica, ma dello stupore grato della luce nella qualità
dell'istante. Come diceva Goethe "Am forgigen Aglanz haben wir das
leben", in colorati riflessi possediamo la vita.
Così non sembra azzardato affermare che tali pitture appartengono alla migliore
tradizione del tardo Ottocento napoletano, degne di figurare accanto a quelle di
un Carelli, di un Dalbono, di un Gigante."
Enrico
Gaetani dell'Aquila d'Aragona
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