15 agosto 1936, ore 11
Mira il tuo popolo
.....Don Amato Meluziis, giovane sacerdote ordinato quest'anno, orgoglio del seminario diocesano, fresco di studi ed ancora entusiasta, sempre meticoloso nel curare che nulla in lui possa essere disdicevole alla dignità che riveste, ha finito per togliersi la berretta e si è slacciato il colletto, nero con un rigo di bagnato unto largo alcuni centimetri; ha intonato con voce stentorea «Lodate Maria», che è sempre la canzone che gli viene in mente quando non sa più che cosa proporre, sparando una stecca formidabile; poche donne hanno risposto; meno male che, alla fine, la strada è circondata da alti alberi folti e ombrosi.
A un certo punto, ti trovi a sinistra la costa della montagna, che più su termina, contornata sempre da alberi; avanzi ancora un poco, e vedi spuntare, oltre la costa, la facciata della chiesa, cadente; ancora un poco, e la salita ti permette di vedere lo spiazzo erboso davanti al piccolo complesso dirupato, di cui si nota l'antica grandezza.
Di solito sul sagrato, a questo punto, la banda di Bagnoli, che attendeva la processione, attaccava una marcia solenne, come quella dal Mosè di Rossini, o «Cuore Abruzzese». Quest'anno non c'è musica: la banda di Bagnoli è impegnata per i giorni successivi al Carmine, quando a Nusco e dintorni si terranno le grandi manovre militari del Regio Esercito; i musicanti stanno provando il meglio del loro repertorio per la preannunciata visita di Sua Maestà il Re ed Imperatore Vittorio Emanuele terzo, e del figlio S.A.R. Umberto di Savoia, Principe di Piemonte (e in paese da mesi hanno lavorato a riparare strade, aggiustare il cimitero, ripulire i lavatoi pubblici, dove dovranno abbeverarsi i cavalli. Anche per questo, le festività religiose sono state piuttosto trascurate). A Nusco c'è, da qualche tempo, una piccola banda musicale locale, formata da alcuni anziani e da molti avanguardisti e giovani della GIL, messa su dal dottore Guerrazzi, che è il medico condotto. All'inizio era nata con l'Azione Cattolica, e si provava nel seminario; poi la fedeltà fascista del dottore, guidata dalla gerarchia locale, lo ha spinto ad abbandonare il palazzo vescovile per i locali del Fascio, con rincrescimento di Monsignore, il quale non lo ha detto, ma ci è rimasto male, lui che si sforzava di cristianizzare il fascismo, a dover constatare che invece erano i fascisti a usare la Chiesa per i loro comodi.
Anche il dottore, oggi, si è rifiutato di accompagnare la processione, perché più tardi è stata organizzata, nella ventata di euforia portata dalla fine della guerra d'Africa, dalla proclamazione dell'Impero e dall'imminente venuta del principe, con la scusa dei festeggiamenti a Maria SS.ma Assunta, una gara di corsa campestre da Nusco a Fontigliano (per i più giovani, dai dieci anni in su, non corsa ma marcia): la banda serve alla partenza, dopo di che i musicanti scenderanno a Fontigliano per accogliere gli sportivi, e saranno disponibili solo per la processione pomeridiana del rientro a Nusco. Don Amato, cercando la chiave della chiesa in tasca, rimurgina e tace; non gli garba nemmeno a lui che, con la scusa di onorare la Madonna, il regime sovrapponga i propri fasti atletici ai riti religiosi, distogliendo varie persone dalla processione; comunque, meglio questo che niente.
Un gruppetto di contadini della valle, alcuni bagnolesi, uomini e donne, giunti da poco, sono in attesa sul sagrato; hanno sentito lo stracco canto da lontano; vedono spuntare dal basso la prima croce, poi la corona della madonnina, la testa, poi man mano la berretta nera di Don Amato, che si sta tergendo il sudore con un fazzolettone in una mano, mentre con l'altra fruga ancora nella tasca a cercare la chiave della chiesa; emergono poi le teste dei chierichetti e del popolo di donne e uomini che segue la statua, preceduti, subito dietro Don Amato, dalla testa calva di Cugnetta, uomo timorato di Dio e molto praticante, tanto affezionato alla Chiesa da essere spesso scambiato per il sagrestano,o per un mezzo prete, pur avendo famiglia. Questo si è preso l'impegno di organizzare il gruppo dei chierichetti, e lo esplica con grande attenzione e cura, diventandone spesso il cerbero.
Ora sta guardando con curiosità le evoluzioni di Don Amato, ed entrambi sobbalzano: non hanno sentito il lieve sibilo che precedeva il primo grosso colpo scuro che accoglie la Madonna, lasciando sempre in aria la solita nuvoletta bianca simile a quelle su cui si aggirano i puttini angioletti delle chiese; Don Amato rovista ancora in tasca; è stanco, suda ancora e il sudore caldo e odoroso cola lungo i padiglioni delle orecchie, si raggruma sul lobo, cade a gocce sul collo, scorre in basso fino a penetrare alla base sotto il colletto rigido e ad allargare la chiazza di bagnato a mantellina. Il novello sacerdote è pallido e teso: dove diavolo ha messo la chiave della chiesa, quando ieri sera gli è stata affidata da Don Nicola Pepe, che ancora scende a celebrare tutte le domeniche comuni? Sono già di fronte alla chiesa, la fila della processione si disperde tra i botti, qualche bambino più piccolo piange al rumore, la gente che ha invaso il sagrato sciama attorno alla Madonna che attende davanti alla Chiesa, pure lei sulle nuvolette, gli occhi al cielo e le braccia oranti, e don Amato cerca ancora, suda e impreca fra sè in maniera poco sacerdotale, ma per fortuna non avvertibile dagli astanti. La chiave non c'è. Sono rimasti fuori.
I
militi del servizio d'ordine si avvicinano per chiedere a Don Amato perché non
si entra in chiesa; alla sua risposta imbarazzata sogghignano tra loro
burlandosi dell'imbranato sacerdote, e del suo accolito: la vettura «Nusco-scalo»
di Ciriaco Iannaccone oggi fa riposare il cavallo, e pure la macchina nuova di
Filuccio Giordano si muove solo oggi pomeriggio. Purtroppo mal glie ne incoglie,
quando il loro graduato, ossequioso comunque davanti all'autorità
ecclesiastica, dopo un breve parlottare con Cugnetta, che aveva prima a sua
volta parlottato con Don Amato, invia con fare perentorio Tonino Della Polla di
corsa in paese a cercare la chiave; il giovane, tra gli sguardi divertiti degli
amici i cui lazzi hanno cambiato direzione per rivolgersi verso di lui, è
costretto a battere i tacchi col petto in fuori e a cambiare direzione anch'egli,
avviandosi con passo marziale nel senso opposto, sotto il sole ormai cocente.