LA MISURA
ovvero la visita di leva
Quel giorno i giovani l'attendevano con viva ansia, ne facevano spesso argomento
dei loro discorsi. Qualcuno andava tastandosi inavvertitamente il petto, sul
quale roteava entrambe le mani con le palme bene aperte. L'ansia, come un male
contagioso, si estendeva a tutta la famiglia, fratelli e sorelle, padre e madre,
a quest'ultima specialmente che sentiva quasi il peso di una grande
responsabilità.
Le poche carrozze, che facevano servizio di noleggio, erano prenotate con molto anticipo: in quella più solida e più accogliente prendeva posto il podestà del paese che, tutto orgoglioso e impomatato, accompagnava la nuova classe di ferro da Nusco alla vicina Bagnoli, sede fissata per la "misura".
I contadini, a quel tempo quarto stato, vi si recavano col cavallo di San
Francesco.
Tutte le ragazze, specie le più corteggiate, guardavano all'avvenimento che
indirettamente le riguardava non poco, con un interesse che badavano a tenere
ben celato nel fondo dell'animo.
La mattina del gran giorno primi a lasciare il letto erano i cocchieri: una
"toilette" particolare era riservata ai cavalli e alle carrozze, che
poi spiccavano, in attesa ed allineate, al centro della piccola piazza.
La serenità delle famiglie dipendeva dall'esito di quella benedetta visita
medica premilitare, che si riduceva alla semplice misurazione della altezza e
della circonferenza toracica. Era in ballo il prestigio del casato, addirittura
l'onore della famiglia, l'avvenire sentimentale dei giovani. Tornare da Bagnoli
con la dichiarazione di "riforma" (inabilità al servizio militare)
costituiva un marchio d'infamia per il malcapitato a cui madre natura avesse
negato un sufficiente sviluppo della cassa toracica. Il torace, sì, proprio il
torace era spesso la causa del grave infortunio. La misura del petto -
90;94;98, raro il 100 - era motivo d'orgoglio per i portatori e per tutto il
parentado. Oggi si direbbe che il nostro rampollo ha riportato 60/60 alla
licenza liceale.
L'emozione relativa alla "misura" è stata vissuta anche in casa mia,
per ben tre volte: mi riferisco ai miei fratelli maggiori, di cui il secondo,
soprannominato il montemaranese, poco mancò non ci giocasse il brutto tiro.
Sano come un pesce, divoratore "recordman" di spaghetti, aveva nella
parte centrosettentrionale del corpo una cassetta tutta nervi e ossa., Fu
"rivedibile" (chi doveva tornare l'anno appresso a Bagnoli) per due
volte. Non venne dichiarato abile, non andò a fare il soldato, ma, assegnato ai
servizi sedentari, evitò la vergogna, l'orrore della "riforma".
Questo, l'evento funesto, angustiava terribilmente le mamme (povere mamme, sono
chiamate in causa sempre loro, anche quando in uno scatto d'ira ci si manda a
quel paese) e aveva il potere di serrare il cuore anche alle ragazze più
innamorate. "Non sei buono per il re, non sei buono neanche per me"
recitava un vecchio ritornello paesano. Dunque lo sfortunato - allora! - passava
un guaio vero e proprio; non gli serviva a nulla essere sano, sanissimo; la
misura del torace lo condannava inesorabilmente: non aveva diritto neppure alla
guardia di un bidone di benzina.
Per prima cosa si distaccava dal gruppo a smaltire una decina di chilometri a
piedi per far ritorno in paese a notte fonda, dopo aver vagato nei campi
nell'attesa dell'oscurità amica. Un'influenza diplomatica lo teneva chiuso in
casa nell'aspettazione che svaporasse l'atmosfera pesante che aleggiava attorno
a quella "riforma", che cessassero gli echi delle cronache della
strada.
E poiché il tempo è il gran medico di tutte le piaghe, anche la pena della
"riforma" veniva lentamente a svanire, si rinnovava l'inserimento nel
gruppo, ma nel cuore delle ragazze quel ricordo durava a lungo e disabbelliva i
più rosei sogni d'amore.
La maggior parte di coloro che incapparono nella folle tassa sul celibato (stavo
per dire "macinato') appartenevano a quella sfortunata categoria.
Accettare la corte e le profferte di un riformato, forse più in salute dei
pezzi da novanta e centocinque, era talvolta l'ultima ancora per le povere
ragazze che da tempo, e senza molta speranza, avevano messo gli occhi addosso
all'abito bianco di mammà.
Prof.
Michele Della Vecchia