L'ORO NERO
I mastodontici "castelli", piantati alle falde dei Picentini
perforavano la terra nella zona detta Fiorentino, alla ricerca di falde d'acqua
per l'assetata Puglia. Contemporaneamente e nello stesso luogo si scavava una
lunga galleria che doveva convogliare le acque delle sorgenti del Calore agli
impianti dell'acquedotto del Sele. Nonostante la forte emigrazione verso la
Svizzera, la Francia, la Germania, le vecchie Americhe, di manodopera, su al
paese, ce n'era in quantità. I lavori alle condotte furono una vera manna:
contadini, sarti, calzolai si trasformarono in manovali, sterratori, minatori. I
Nuscani, celebri fumatori, giocatori, bevitori, seppero adattarsi a qualsiasi
genere di lavoro per una bustapaga che sul posto non si sarebbe mai sognata.
Si cercava l'acqua, ed ecco che un bel giorno dalle trivella zampillò un rivolo
di liquido nero, dall'odore inconfondibile. Si gridò subito al miracolo ed
invano gli interessati ai lavori cercarono di soffocare quel grido e di
minimizzare la cosa. La voce corse nell'aria, salì all'abitato di Nusco, da
dove si sparse per tutte le contrade convicine. Rinasceva la favola dell'oro
nero, l'impossibile sogno che ha nutrito la fantasia di tante generazioni. Si
faceva vivo il ricordo dei lontani tempi dell'impiego quando i tralicci
installati nella piana del l'Ofanto, a breve distanza dalla zona sopra
menzionata, ricercavano il prezioso liquido. La leggenda, il bel sogno, allora,
durarono lo spazio d'un mattino. La guerra d'Africa, il patto d'acciaio, la coda
del diavolo mandarono in fumo entusiasmi, tante speranze.
Ma ora le cose stavano diversamente: il petrolio c'era, era venuto fuori
spontaneamente, al posto dell'acqua; lo avevamo sotto i piedi come nella Libia
africana. Giornalisti, fotografi, sindacalisti corsero lassù per i loro servizi
speciali. Tutta l'Alta Irpinia fremeva, fantasticava, sognava; Nusco, Lioni,
Sant'Angelo guardavano meravigliati alla zona dove era avvenuto il miracolo.
Intanto ogni cosa fu ridotta alle dimensioni scientifiche e tecniche. Voci
maligne o interessate vollero ridimensionare l'entusiasmo suscitato dal miraggio
dell'oro nero: non era proprio possibile che Nusco, dove Cristo non s'è mai
fermato, potesse essere al centro di una colossale fortuna mineraria.
E poi vennero i Francesi: ingegneri e geologi, e con loro certi fiori di ragazze
che fecero girar la testa a giovani e non più giovani, tra i miei concittadini,
scossi dal fascino delle sofisticatissime parigine. Le madamine giravano per le
strade a fare acquisti, portando alle spalle i loro piccoli tenuti stretti da un
complicato sistema di cordicelle di cuoio. Intanto i loro mariti compilavano le
relazioni traditrici che davano il colpo di grazia al bel sogno fiorito in un
radioso mattino di primavera.
Le splendide parigine sono sparite, la nostra acqua corre verso la Puglia, resta la bella favola che, per così breve tempo, ha illuso nuovamente le genti della verde Irpinia.
Michele Della Vecchia