I Fuochi di S. Antonio Abate
Sul far della sera,
il giorno diciassette
nel mese di Gennaio
s’accendon grandi fuochi
in tutte le piazzette
del nostro “bel paese”.
A forma di gran cono
s’innalzano le pire
insieme a grossi ceppi
di quercia o di castagno,
bruciati nella notte,
volendo ricordare
la festa, tanto cara,
a sant’Antonio Abate.
S’inizia questo rito
con fuochi artificiali:
petardi e mortaretti,
tuonanti tricchitracchi
e bombe giapponesi
che esplodono nel cielo
con magici disegni
di mille e più colori.
Le ditte del paese
e quelle forestiere
preparan lunghi banchi
con tante leccornie,
prodotti genuini
davvero eccezionali:
formaggi d’ogni specie,
salumi affumicati,
prosciutti di campagna,
castagne, cotte in forno,
biscotti e torte varie
con vini paesani
che sono la delizia
dei grandi e dei bambini.
Intorno a questi fuochi
si balla allegramente;
si cuociono castagne,
patate e carchiulelle,
offerte poi a tutti
Nuscani e Forestieri
che molto numerosi
arrivano in paese,
gustando tutto “a sbafo”!
In vero questo evento
ricorda un fatto triste.
“la nota pestilenza
che ucise tanta gente
nel mileseicento”.
Color che si salvarono
bruciarono ogni cosa,
in vita appartenuta
a tutti gli appestati.
Le poche masserizie,
formate unicamente
dal letti, fatti in legno,
ai sacchi di brattee
che avvolgono il granoturco,
usate normalmente
dai poveri nuscani
-qual morbido giaciglio-
che i ricchi avean di lana.
In questo modo semplice
dal quattro di Gennaio
al ventitré Agosto,
la peste fu sconfitta
e, dopo sette mesi,
il corso della vita
riprese normalmente.
Ogni anno, puntualmente
-da allora fino ad oggi-
l’evento si ripete.
Ma i giovani moderni
ignorano la storia
e pensano soltanto
a fare scorpacciate
di arrosti succulenti
con carne di maiale,
stracotti sulla brace,
il tutto accompagnato
con pane casereccio
e un ottimo barbera.
“Per sant’Antuono
maschere e suoni”!
così sentivo dire
quand’ero ancor bambino
dai cari nonni miei.
Ed oggi che ho imboccato
il viale del tramonto
ricordo tutto questo
con grande nostalgia!
Raffaele Lanzetta