Acqua e anice

                    Sera di marzo, tanti anni fa. Fuori, la piazza De Santis era quasi immersa nel buio, ché le due lampade a muro, all'imbocco dei vicoli Scarpitti e Landone, emettevano un tenue chiarore. Mamma rassettava dietro al bancone, mentre io e le mie sorelle sedevamo attorno al tondo di legno su cui era poggiato il braciere. I tre giovani fratelli erano nei caffè a passare il tempo e a dannarsi col libro delle quaranta. Concetta e Maria ricamavano a puntagiorno i panni del loro corredo; io ripassavo nel libro di lettura la pagina di Gesù nell'orto. Forse in quel momento i padri della Missione trattavano lo stesso argomento, per passare poi al terrore e al fuoco dell'inferno. Si aspettava, per chiudere e andare a casa la fine della funzione. Molto sporadicamente entrava qualche cliente a comprare le solite due sigarette. Dopo il rassetto, mamma passava ai conti di cassa avvolgendo in un panno le monete dell'introito. Le trenta o quaranta lire incassate, che facevano tanto volume con i soldini di rame, stavano a dire che per quella giornata il guadagno non era mancato.

                    Alle 20.30, ora già prossima alla chiusura; l'atmosfera di silenzio che regnava nella bottega fu interrotta dall'ingresso di un contadino tutto brio e parlantina: forse era stato a fare una visitina all'osteria. lo non conoscevo forse neanche di nome il mio uomo, ma il suo modo di fare e di parlare indicava chiaramente che aveva confidenza con la padrona, "comma" Rosina. Si rifornisce di tabacco, cartine e zolfanelli, poi chiede un anice con la mosca, vale a dire un chicco di caffè tostato. Col bicchiere in mano, centellinato a metà, si fa vicino a me per interessarsi al mio libro poggiato sulle ginocchia. A quei tempi la percentuale degli analfabeti, era molto alta, specie nelle campagne, dove le scuole non mancavano del tutto; e forse il mio amico aveva soltanto sentito dire che la penna pesa più della zappa. S'informa del brano della mia lettura che gli accende nel cuore un vivo desiderio di ascoltare quel passo. Incoraggiato dalle mie sorelle, mi faccio lettore del racconto di Matteo: la preghiera nell'orto, il sonno dei discepoli, l'arrivo di Giuda, l'arresto di Gesù. L'uomo ascolta immobile e attento, chino su di me come se volesse seguirmi; dimentico di quello che ha in mano, si commuove, mi accarezza.  

                    Raggiante, accoglie le ultime battute e ordina da bere per tutti. Un bicchiere di anice anche a me e alle ragazze: vuole che beviamo alla sua salute, a quell'ora, un ragazzetto e due giovanette che non hanno mai toccato liquori. Mamma interviene a ringraziare e a dire che io son troppo piccolo; ma il contadino non vuol sentire ragioni, né passa ai biscotti o alle caramelle: dev'essere anice. Comma Rosina resiste e poco dopo è costretta ad arrendersi: porta la guantiera di latta con tre minuscoli bicchieri colmi sino all'orlo. Bevono prima le mie sorelle, con una naturalezza che avrebbe dovuto meravigliare l'ospite, come se si trattasse di acqua fresca. Poi è la mia volta che prendo il bicchiere in mano per fare il mio primo incontro col forte liquore: L'accosto alla bocca con un certo timore e, mentre sto per dire ingenuamente: —Ma questa è... ", due, quattro mani mi tappano la bocca. Fortuna volle che il generoso avventore non s'accorgesse di nulla: voci concitate nella strada avevano attratto la sua attenzione. Nel suo conto volle ugualmente i tre bicchierini colmi di acqua fredda. L'inizio astronomico della primavera per noi a Nusco non coincide affatto col mese di marzo. lo, aprite bene le orecchie, ho visto cadere la neve nel ventesimo giorno di maggio.

                    Quando siamo rimasti soli, mamma apre il cas­setto, ne trae fuori diciotto soldi, il prezzo dell'anice rimasto in bottiglia, e fa per distribuirceli. I tempi erano tristi allora e il termine consumismo non figurava ancora sui vocabolari; la quaresima poi era un bel pretesto per stare alla larga dalle macellerie. Perciò rinunziammo generosamente al piccolo guadagno; il generoso fui io che l'avevo ben meritato e forse toccato con la mia voce infantile un cuore bisognoso di ascoltare le parole del Vangelo, il libro senza tempo per gli uomini di tutti i tempi.

                       

                                                                                                    Michele Della Vecchia

 

da IL NUOVO SUD  Periodico di Cultura e d'Informazione