(Nel 50° anniversario della morte di Scotellaro)
Il bisnonno materno
con l’unico figlio maschio
terragni d’Irpinia, quella alta
la più montagnosa
non fecero guerra ai pellerossa
ma rimpatriarono dall’America
con un winchester a cani interni.
Ecco perché mio nonno
fu abile cecchino
nella Grande Guerra
e portò a casa salva la pelle.
Il nonno ripercorse l’Oceano
sulla motonave
e guadagnò le “pezze” necessarie
per comprare la terra
e diventar massaro.
Grande passo sociale il suo
da colono a padrone.
Nelle notti di luna
convinceva il genero/mio padre
a seguirlo, a cercare tracce.
Caricato a palla il winchester
si appostavano per ore in silenzio
per cacciare la volpe.
Nessuna cavalcata
né strepito di corni
divertimento di case reali.
Quando la mira
non faceva cilecca
la volpe stramazzava
arrossando il manto di zolle
o visibilmente la coperta di neve.
Svuotate le interiora
con fare macellaio
per disperdere il tanfo canino
la volpe impagliata/totem imbalsamato
faceva la processione per le contrade
ricca questua di uova e galline.
Piccolo obolo a ogni danno possibile
contro le razzie di pollaio.
Ah! il fiato contadino
alito divino sulla creta
indurita
creta per anni
prima di mutarsi in carne.
Oggi è fiato che più non geme
alle gelate, ai piedi scalzi
- zoccoli di legno/scarpe di copertone –
alle carestie, alle morie – in famiglia morte
più grave d’un parente, bocca da sfamare –
quando l’animale sfamava tante bocche.
Era questo il tempo/potere della volpe.
Oggi la volpe è l’avido potere
si acquatta arraffa e scanna
e disperde pure le penne
nel nome di un dio senza nome.